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Scopriamo le carte…

07 Mag

Ok scopriamo le carte. Vi chiederete “come mai la valigia dei mondi scrive sempre meno?”. No, non si è esaurita la voglia di condividere, nè il bisogno di denunciare, sono semplicemente assorbito da un nuovo progetto.

“Che progetto?” vi domanderete… Sto scrivendo un libro, ovviamente un libro sulla bellissima esperienza fatta a Betlemme. Non ci credete? Allora vi faccio un regalo, un piccolo spezzone di quanto già scritto.

Ma non aspettatevi un’uscita a breve, sono solo al primo giorno di esperienza, da scrivere c’è ancora molto…

Roma Fiumicino. E’ notte, giriamo per i labirinti dell’aeroporto, ovunque campeggiano ben illuminati manifesti pubblicitari di ogni griffe immaginabile, ad ogni angolo duty free ammiccanti invogliano ad entrare, comperare, consumare. Un fast food ci promette l’happy meal più economico del pianeta, un divo del cinema su un manifesto mi porge un orologio di lusso dicendomi che ne ho assolutamente bisogno, che senza di quello non sono nessuno. Io ho altro a cui pensare, mi rigiro la carta d’imbarco tra le mani e continuo a tastare il taschino dove tengo il passaporto… Ce l’ho ancora? Si ce l’ho, è lì dov’era un secondo fa… La valigia è imbarcata, lo zaino è in spalla, la carta di imbarco la stringo tra le mani, allora perchè non riesco a tranquillizzarmi? Un’occhiata al tabellone delle partenze, gate G2. Giriamo l’angolo e in un istante ci ritroviamo in un altro paese. Ovunque, sparsi sulle panchine in attesa di partire, famiglie con figli, anziani, coppie di fidanzati, signore attempate. Niente di strano, eppure il loro modo di stare insieme, di parlarsi, di abbracciarsi, sembra diverso. Ci sono uomini e bambini con il capo coperto dalla kippa, dalle basette di alcuni di loro scendono lunghi riccioli di capelli. Alcune donne hanno il capo coperto da un foulard e la gonna lunga fino a terra. Un vecchio se ne sta seduto, assorto nei suoi pensieri, con la sua lunga barba bianca e un vistoso cappello nero in testa. Un altro uomo tiene appoggiata sulle valigie una custodia di plastica della stessa forma del cappello del vecchio. Sono ebrei, alcuni di loro sono ortodossi, osserviamo silenziosi lo spendersi calmo della loro attesa, bambini che giocano, persone che chiacchierano chiassosamente in ebraico, quasi non osiamo attirare l’attenzione. Siamo già con un piede in Israele. Il volo partirà con un’ora di ritardo, proprio quello che speravamo. Atterreremo al Ben Gurion alle 4:00 del mattino ora locale, un’ora in meno di attesa all’aeroporto di Tel Aviv è un sollievo. Dovremo tirar l’alba da qualche parte in aeroporto, non possiamo ripartire a quell’ora del mattino, non sappiamo neanche se il check point sarà aperto.

Dal finestrino dell’aereo le ultime luci di Roma si allontanano, la loro fitta ragnatela man mano si disperde, in lontananza sembra di scorgere la curvatura della Terra. Da qui sembra tutto così piccolo, così semplice, le città sembrano tutte uguali, prive di identità. Vista da qui la fragilità umana sembra un problema irrilevante… L’uomo, da quassù, sembra irrilevante.

 
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Pubblicato da su Maggio 7, 2012 in Betlemme 2011

 

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